“INQUINAMENTO PLASTICA NEI MARI”
Ogni anno 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono negli oceani. Settecento specie sono danneggiate da questo tipo di inquinamento. Il mare Mediterraneo è uno dei più inquinati: si stima che proprio qui si concentri il 7 percento delle microplastiche globali. Particolarmente intensa tra Liguria e isola d’Elba, soprattutto nei fondali, la microplastica è in aumento anche a causa del cambiamento climatico. Questo fenomeno fa registrare uno stravolgimento dei flussi di entrata e di uscita dallo stretto di Gibilterra. Il problema della plastica in mare, come in oceano o in qualsiasi area acquatica, è dunque un problema mondiale. Riguarda tutti noi da vicino e a dirlo, oltre ai dati, è anche l’inquinamento dell’acqua visibile a occhio nudo. Esistono però delle realtà pronte a intervenire con innovazioni e tecnologie per ricucire questa profonda ferita. Le microplastiche sparse nei mari Per studiare metodi efficaci per contrastare l’inquinamento marino, è necessario comprendere che esistono differenti microplastiche. A fare questa distinzione tra primarie e secondarie è l’Istituto Superiore di Sanità. Le microplastiche primarie sono minori e prodotte intenzionalmente in dimensioni ridotte per essere usate per esempio in cosmetici, vernici, paste abrasive o fertilizzanti. Quelle secondarie oscillano invece tra il 68 e l’81 percento di quelle distribuite negli oceani. Sono originate da usura, deterioramento e frammentazione di bottiglie, buste di plastica, tessuti sintetici o copertoni di ruote. Basti pensare, stando ai dati pubblicati su Scientific Reports, che una famiglia media di quattro persone che beve ogni giorno acqua in bottiglia produce 72 chili di plastica in un anno. Sono queste ultime a costituire la quota maggiore di microplastiche disperse nell’ambiente, con impatto nocivo sulla salute degli ecosistemi marini e naturali. Per questo motivo, oltre a comportamenti etici da imparare a tenere, è necessario ideare nuove tecnologie di smaltimento e tutela delle acque. Monitoraggio delle microplastiche in mare: il progetto M.a.r.t.a. Il progetto M.a.r.t.a. (MultipiattAforma smaRt drifTer – Uav – Sapr per indagini mArine) nasce nella fucina dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche. La particolarità è l’adozione di alcune tecnologie per il monitoraggio marino. L’idea è di sfruttare eco-drifter che comunicano tra loro con un sistema all’avanguardia e un sensore economico, installato sui macchinari, che rileva le microplastiche. Altra innovazione è un drone marino motorizzato per l’analisi e la raccolta di campioni da effettuare in acqua: può essere lanciato da aree costiere o imbarcazioni. Depuratori e Impact Simulator Per il singolo soggetto Culligan, realtà specializzata nel trattamento delle acque, ha ideato invece l’Impact Simulator. Si tratta di un semplice tool messo a disposizione dei cittadini che permette di misurare la responsabilità ecologica sulla base del consumo annuo di acqua in bottiglia. L’azienda ha inoltre creato l’Aqua-Cleer Slim, un depuratore d’acqua a osmosi inversa che può essere utilizzato in cucina. Consente di avere un’acqua priva di elementi indesiderati o nocivi direttamente dal rubinetto. I comportamenti sostenibili L’Europa sta progettando una normativa che potrebbe portare alla riduzione del 17 percento dell’uso di acqua in bottiglie di plastica. Il risparmio stimato è di 600 milioni di euro l’anno, con enormi benefici per l’ambiente. A livello soggettivo, per tutelare le acque marine ed evitare la dispersione di plastiche e microplastiche, è possibile adottare due comportamenti sostenibili. Il primo è il più semplice: evitare di usare per quanto possibile prodotti in plastica, adottando cioè uno stile di vita plastic-free. Il secondo prevede un maggiore studio: scegliere di usare acque salubri e sicure. Per esempio, l’acqua potabile dei rubinetti (se rispetta i valori chimici standard) può essere sostituita a quella in bottiglia. In Italia sarebbe una rivoluzione, dato che è il secondo Paese al mondo per consumo di acqua in bottiglia.
L’articolo affronta il problema dell’inquinamento da plastica nei mari e nei nostri oceani. Si afferma che ogni anno 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono negli oceani, danneggiando circa 700 specie. Si sottolinea inoltre che il Mediterraneo è particolarmente colpito, poiché si concentra il 7% delle microplastiche globali. Si evidenzia che il cambiamento climatico sta peggiorando la situazione, poiché gli stravolgimenti dei flussi d’acqua nei mari stanno contribuendo ad aumentare la diffusione di microplastiche.
Il progetto M.a.r.t.a. dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche ha sviluppato alcune tecnologie per il monitoraggio marino, come l’uso di eco-drifter e di un drone marino per l’analisi e la raccolta di campioni. Inoltre, ci sono aziende che stanno sviluppando soluzioni innovative, come Culligan, che ha creato l’Impact Simulator, un tool per misurare la responsabilità ecologica sulla base del consumo annuo di acqua in bottiglia, e l’Aqua-Cleer Slim, un depuratore d’acqua a osmosi inversa. Per ridurre l’inquinamento da plastica nei mari, l’articolo propone due comportamenti sostenibili: evitare di usare prodotti in plastica il più possibile e scegliere di usare acque salubri e sicure, come l’acqua potabile dei rubinetti. Si sottolinea che l’Europa sta lavorando a una normativa per ridurre il consumo di acqua in bottiglia del 17%, il che potrebbe portare a un risparmio di 600 milioni di euro l’anno e enormi benefici per l’ambiente.
“Il mare che non ti aspetti”
Istituto Superiore per la Protezione
e la Ricerca Ambientale
Da anni in nome di una famigerata coscienza ecologica che stenta a delinearsi, parliamo di quello che andrebbe fatto “sopra il mare” sulla terra, senza renderci conto che contemporaneamente stiamo trascurando le distese blu, gli Oceani.
Ogni anno centinaia di tonnellate di spazzatura finiscono in fondo al mare, provocando una danno all’ecosistema che si protrarrà per oltre 100 anni!
Negli ultimi tempi assistiamo ad un fermento sociale che accoglie costantemente l’invito a contrastare l’inquinamento globale, ma se pensiamo a come abbiamo ridotto i nostri mari stiamo solo sostituendo un problema che ci riguarda con un altro altrettanto grave. Ci preoccupiamo di tutelare la nostra economia turistica, ma contemporaneamente ci scostiamo sempre più dall’obiettivo. Basti pensare che si stima che nel Mediterraneo le perdite economiche, dovute proprio all’inquinamento da plastica, ammontano a diverse centinaia di milioni di euro l’anno e che il turismo sia proprio il settore che maggiormente ne risente.
Concimi, pesticidi, sostanze chimiche plastiche e microplastiche, questo il mixer di tossine che riversiamo nelle nostre acque, che ritroviamo sulle nostre spiagge. Ripuliamo la terra, pensiamo a come allungare il nostro ciclo di vita, ma accorciamo quello del mare, con cui stiamo simbioticamente uniti.
Anche in assenza di normative stringenti, lo smaltimento di rifiuti e delle altre sostanze chimiche dovrebbe essere meno scellerato. E’ auspicabile la creazione di aree marine protette dove la pesca venga sottoposta a controlli più severi.
Nel frattempo rimane comunque in piedi un grosso interrogativo:
“Perché il mare ci interessa meno della Terra?”
“Conoscerlo bene ed imparare ad amarlo forse può aiutarci”
Per questo l’ISPRA ha organizzato una campagna di divulgazione sull’argomento mare, in cui intende illustrare le specifiche e molteplici attività sviluppate dai propri ricercatori, anche in team con altri settori di intervento, in ottemperanza ai programmi condivisi in ambito europeo, sia attraverso l’osservazione e il monitoraggio degli ambienti marini, sia in ambito della ricerca in laboratorio.
L’uomo nei confronti del mare non ha la stesso rispetto, la stessa attenzione, non usa le stesse cautele che ha per la terra. L’lSPRA, affinché questa intuizione non rimanga solo tale, sulla scia di una ipotetica contrapposizione “TERRA VS MARE” vuole far conoscere delle verità, ora un po’ offuscate, illustrando e spiegando i risultati dei propri studi, delle osservazioni, dei monitoraggi, che ragionevolmente offrono una panoramica molto approfondita di tutto quello che del mare sappiamo, di quello che non avremmo mai dovuto fare al nostro mare e di quello che potremmo e dovremmo fare, finché siamo in tempo, per renderlo migliore, esattamente come ci sforziamo ogni giorno di fare in altri ambiti considerati più “terrestri” e più proficui per il nostro benessere.